Ti ho amato dal primo istante...

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giovedì 27 novembre 2014

IL REGALO PIU' BELLO

Manca poco alla festa più dolce dell'anno, la festa del Natale. Secondo voi, grandi e piccini, qual è IL REGALO PIU' BELLO?  Mentre pensate alle possibili eventuali risposte...... Mamma Mi&Pastrugno vi lasciano una storia da leggere tutti insieme. 


Baldassarre era non soltanto un re straordinariamente buono e magnanimo, ma anche uno dei più saggi che avessero mai regnato in Oriente.

Un tempo, un sapiente stregone gli aveva insegnato a interpretare il corso degli astri. Da allora, ogni notte saliva sulla più  alta delle dodici torri del palazzo e leggeva nelle stelle, ed esse gli parlavano, come lettere luccicanti ricamate su un panno nero. Lo informavano se gli anni a venire gli avrebbero portato liete feste, ricche raccolte oppure guerre e invasioni.

Una sera scoprì una stella che splendeva più chiara di tutte le altre, una stella che Baldassarre non aveva mai visto prima. Ardeva nel cielo buio come un immenso fuoco. Accanto ad essa le altre stelle non erano che piccole, insignificanti scintille. A lungo il re osservò quella luce splendente. Poi si recò in biblioteca e prese il vecchio libro che gli aveva donato il suo maestro, lo stregone.

“Apparirà una stella”, lesse “più grande e più luminosa di quante gli uomini abbiano mai visto. Sarà il segno della nascita di un principe, che regnerà sul cielo e sulla terra. Ma agli uomini porterà la pace”.

“Anch’io amo la pace, anch’io sono contro conflitti e guerre”, pensò Baldassarre emozionato. “Voglio vedere questo principe. Io so com’è difficile provvedere alla pace. Forse in questo compito potrò aiutarlo”.

Si mise in fretta la corona in testa, gettò il mantello sulle spalle, si affrettò a scendere nella corte e ordinò ai servi di preparare cammelli e cavalli per un lungo viaggio.

“E dove andrete?”, voleva sapere la gente. “Non lo so”, rispose Baldassarre, “seguiremo la stella”.  Ben presto i cavalli furono sellati. I soldati che dovevano fare da scorta al re, vi montarono sopra. I cammelli, che dormivano ancora con un occhio solo o mugghiavano scontenti, erano stati caricati con otri pieni d’acqua e bisacce colme di provviste.

Tutto quel chiasso aveva svegliato il giovane principe Irenus.

Lasciò in fretta la sua stanza, corse giù per le scale e raggiunse suo padre. “Dove vai?” chiese. “Vado dal giovane principe della pace a regalargli un calice d’oro, figlio mio”, rispose Baldassarre.

“Lasciami venire con te”, lo pregò Irenus.

“No”, disse Baldassarre. “Torna a dormire, Irenus.”

La carovana si mise in moto. Per lungo tempo si udirono ancora i fischi dei cammellieri e il canto monotono dei soldati.

Irenus tornò nella sua stanza e si vestì.

“Anch’io voglio vedere il giovane principe”, si disse. “La stella indicherà il cammino anche a me. Mio padre porta un calice d’oro al principe che è nato. Io gli regalerò i miei tre giocattoli più belli.”

Incartò la palla, regalatagli una volta dal suo amico.

“E’ lucida e splendente come il calice di mio padre”, pensò.

Poi nascose tra i vestiti il suo libro d’illustrazioni preferito e chiamò Plutone, il suo cane bianco.

Quando gli mise il guinzaglio, per un attimo non fu più così certo di potersi separare anche da lui. Irenus lasciò il palazzo e camminò tutta la notte. La stella gli indicava il cammino.

Al sorgere del sole giunse a un piccolo villaggio. Là vide una bambina che piangeva sommessa. “Tutti i miei compagni mi deridono, perché i miei abiti sono rattoppati. Nessuno vuol giocare con me”, si lamentava,

“Prendi questa palla”, disse subito Irenus. “Così avrai una compagna di giochi”.

La bimba fu così felice, che stentò a credere di poter davvero tenere la palla.

Si fece sera, e la stella tornò a risplendere chiara nel cielo. Irenus proseguì il suo cammino.

Il mattino seguente giunse a una casetta. Là trovò un uomo che guardava fisso dinanzi a sé e di tanto in tanto faceva un gran sospiro.

“Che cos’hai?” chiese Irenus.

“Sento la gotta in tutte le ossa”, si lamentò l’uomo. “Sono vecchio e malato. Un tempo andavo di città in città e ho visto un po’ del mondo. Ora non riesco neanche più a trascinarmi fin dal mio vicino. Preferirei morire”.

Allora Irenus gli donò il suo libro.  “Adesso è tuo”, disse. “Ci troverai dentro il mondo intero, con tutte le piante e gli animali”.

Il vecchio aprì il libro con cautela. “Ci sono anche dei versi”, si rallegrò. “Mi faranno compagnia. Ora non sono più solo”.

La terza notte non finiva più. I piedi di Irenus erano doloranti, e Plutone ansimava. Ma la stella era splendente come non mai.

Il mattino seguente Irenus si fermò a riposare nella casa di un contadino. Là abitava un ragazzo che aveva all’incirca la sua età.

Da mesi la sua gamba malata lo costringeva a stare a letto. Quando il ragazzo vide come Irenus riusciva a camminare e a stare in piedi senza fatica, serrò le labbra, volse il capo verso la parete e non disse più una parola. Irenus continuò a far domande, ma non ottenne più alcuna risposta.

Plutone aveva voglia di giocare, e continuava a saltare vicino a Irenus. Mentre il suo padrone non lo stava guardando d’un tratto saltò sul letto e si mise a solleticare il ragazzo malato con la lingua e con le zampe, così a lungo che questi alla fine fu costretto a ridere, si girò verso il cane e lo accarezzò. Quando Irenus lo vide, prese il guinzaglio del suo cane e lo mise in mano al ragazzo.

Uscito di casa, sentì che gli salivano le lacrime agli occhi. Era un dolore dover abbandonare il suo compagno di giochi e non rivederlo mai più. Cominciò a correre nella notte, per allontanarsi il più possibile da Plutone, corse senza guardare la strada, inciampò, continuò a correre finchè cadde a terra sfinito, e là rimase e si addormentò subito.

Quando si svegliò, si sentì stranamente riposato e felice. D’un tratto anche il pensiero di Plutone non gli faceva più male.

Vide la stella che splendeva come il sole sopra un villaggio, e là emerse anche una casa avvolta in una luce dorata.

In quella casa c’erano un uomo e una donna che si chinavano sorridendo sulla culla in cui giaceva il bambino: il nuovo principe della pace.

Accanto alla culla c’era suo padre con altri due re. I re deposero i loro regali ai piedi del bimbo: un vaso prezioso pieno di mirra, una coppa d’argento con dentro incenso e il calice d’oro di Baldassarre.

Irenus si chinò sulla culla e si rivolse alla donna. Voleva raccontarle che la sua palla aveva reso felice una bambina povera, il suo libro aveva rallegrato un vecchio uomo e il suo cane aveva consolato un ragazzo malato, voleva spiegarle i motivi per cui non aveva più nulla da regalare. Ma la donna lo capì, prese le mani vuote del ragazzo tra le sue e le baciò.

 
"Qual è il regalo più bello?
Il perdono!
E quale è la cosa più bella di tutte?
Di certo, l’amore."
(Madre Teresa di Calcutta)

martedì 25 novembre 2014

LA STORIA DEL NATALE

Domenica prossima, 30 novembre 2014, inizierà il periodo dell'Avvento (anche se Mamma Mi&Pastrugno sono in Avvento già da due settimane, in quanto dove abitano loro è in uso il rito ambrosiano e il periodo di Avvento per il rito ambrosiano dura sei settimane anziché quattro) e in questi giorni la maestra Sabry leggerà a Pastrugno e ai suoi compagni "La storia del Natale".
Questa storia, poi, anche per ricordare il SI più dolce di tutta la Bibbia: l'accettazione di Maria, che festeggeremo il prossimo e imminente 8 dicembre.♥
 
Al tempo di Erode, re della Giudea, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio nella città di Nazaret a una vergine, promessa sposa di un uomo chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
E l'angelo disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te.
"Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
"Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; e il suo regno non avrà fine".
Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto".
E l'angelo partì da lei.
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.
Anche Giuseppe salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.
Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro:

"Non temete, ecco vi annunzio
una grande gioia, che sarà
di tutto il popolo:
oggi vi è nato nella città
di Davide un salvatore,
che è il Cristo Signore.
Questo per voi il segno:
troverete un bambino avvolto
in fasce, che giace in una mangiatoia".

E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
"Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".

Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro:
"Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".
Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.
E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.

Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano:
"Dov'è il re dei Giudei che è nato?
Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".

All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli:
"Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".

Udite le parole del re, essi partirono.
Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

Allora l'angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo". Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto.

Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

Morto Erode, Giuseppe prese con sé il bambino e sua madre e tornò ad abitare a Nazaret.

giovedì 13 novembre 2014

Serafino e la strega Sibilla

Sibilla la strega
viveva in una casa tutta nera
nel cuore di una foresta
altrettanto nera.
La casa era nera di fuori
e nera di dentro.
I tappeti erano neri.
Le sedie erano nere.
Il letto era nero e aveva
lenzuola e coperte nere.
Persino il bagno era nero.
Sibilla viveva nella sua casa nera
con il gatto, Serafino.
Anche Serafino era nero.
Ed è così che iniziarono i guai.
Quando Serafino era seduto su una sedia
con gli occhi aperti,
Sibilla riusciva a vederlo.
Vedeva almeno i suoi occhi. (verdi!)
Ma quando Serafino chiudeva gli occhi
per schiacciare un pisolino,
Sibilla non riusciva più a vederlo.
Così finiva col sedercisi sopra.
Quando Serafino si accoccolava sul tappeto
con gli occhi aperti, Sibilla riusciva a vederlo.
Vedeva almeno i suoi occhi. (verdi!)
Ma quando Serafino chiudeva gli occhi
per schiacciare un pisolino,
Sibilla non riusciva più a vederlo.
Così finiva con l'inciamparci dentro.
Un giorno, dopo un  brutto ruzzolone,
Sibilla decise che qualcosa andava fatto.
Afferrò la sua bacchetta magica,
la fece roteare una volta e,
ABRACADABRA!,
Serafino non era più un gatto nero.
Ma di un verde brillante!
Ora, quando Serafino
dormiva sulla sedia
Sibilla riusciva a vederlo.
Quando Serafino
dormiva sul pavimento
Sibilla riusciva a vederlo.
E riusciva a vederlo anche quando
dormiva sul letto.
Ma Sibilla non gli permetteva di
dormire sul letto ...
... e così un giorno lo afferrò
e lo portò fuori.
Fuori sull'erba.
Ma quando Serafino era seduto fuori sull'erba
Sibilla non riusciva a vederlo, neanche
quando teneva gli occhi aperti.
Un giorno, uscendo frettolosamente di casa,
Sibilla inciampò in Serafino,
fece tre capriole
e cadde in un cespuglio di rose.
Questa volta Sibilla era furiosa.
Afferrò la bacchetta magica,
la fece roteare cinque volte e ...
... ABRACADABRA!
Ecco che Serafino aveva la testa rossa,
il corpo giallo, la coda rosa,
i baffi blu e le quattro zampe viola.
Soltanto gli occhi erano ancora verdi.
Ora Sibilla riusciva a vedere Serafino
quando sedeva sulla sedia,
quando era sdraiato sul tappeto,
quando strisciava nell'erba ...
... e persino quando si arrampicava
in cima all'albero più alto.
Serafino si arrampicava
in cima all'albero più alto per nascondersi.
Era ridicolo e se ne rendeva ben conto.
Persino gli uccelli lo prendevano in giro.
Serafino era depresso.
Rimase sull'albero
tutto il giorno e tutta la notte.
Il mattino successivo Serafino
era ancora sull'albero.
Sibilla era preoccupata.
Gli era molto affezionata
e non voleva che fosse triste.
Fu allora che Sibilla ebbe un'idea.
Diede un colpetto alla sua bacchetta magica e,
ABRACADABRA!, Serafino era di nuovo
un gatto nero.
Felice, scese giù dall'albero facendo le fusa.
Frrrr... frrrrr... frrrrr!
Poi Sibilla diede un altro colpo con la sua bacchetta magica
e un altro e un altro ancora.
Ora invece di avere una casa nera,
aveva una casa gialla
col tetto rosso e una porta rossa.
Le sedie erano bianche
con cuscini a righe rosse e bianche.
Il tappeto era verde
con tante rose rosse.
Il letto era blu e aveva lenzuola bianche
e coperte rosa.
Il bagno era di un bianco splendente.

E adesso Sibilla riesce a vedere Serafino
ovunque esso sia.

martedì 11 novembre 2014

La strega Rossella


La strega Rossella

ha una scopa volante

che quando lei vuole

decolla all’istante!

Se le giornate

son tiepide e belle

riesce a volare

fino alle stelle.
 

Ma il vento là in alto

è un po’ pazzerello,

in quattro e quattr’otto

s’è preso il cappello!

 Cercano in giro

Rossella e il suo gatto

il cappello scomparso,

ma … niente di fatto!

 Esclama Rossella:

«Per tutti i portenti!

Ce l’ha quel cagnetto

lì, in mezzo ai denti! »

 Il cane gentile

le porge il cappello

(un bel copricapo,

fa anche da ombrello!),

poi dice: «Mi scusi,

vi ho visti volare,

se poi ripartite

mi fate salire? »

«Ma sì, salta su,

ci stai anche tu! »

E … salagadula,

con arte e magia,

i tre passeggeri se ne volano via!

«Che bello, guardate,

un vecchio castello! »

esclama Rossella

stringendo il cappello.

«Però» pensa il cane,

«che vento bislacco,

s’è preso il cappello

e ora anche il fiocco! »

Tra il grano, la strega

col cane ed il gatto

cerca il suo fiocco,

ma … niente di fatto!

Tutto ad un tratto

il cane fa: «Ecco!

C’è la un uccellino

col fiocco nel becco! »

Il verde pennuto

dà il fiocco alla strega,

che ai rossi capelli

di nuovo lo lega.

Poi dice: «Mi scusi,

è una scopa da tre,

oppure c’è posto

anche per me? »

«Ma sì, salta su,

ci stai anche tu! »

E … salagadula,

con arte e magia,

la strega e gli amici se ne volano via!

 Tra gocce di pioggia

e gran nuvoloni,

volano i quattro

fra i lampi ed i tuoni.

Rossella è prudente

e vola più piano,

però la bacchetta

le sfugge di mano.

L’uccello ed il cane,

la strega ed il gatto

cercano in giro,

ma … niente di fatto.

Tra canne e ninfee

con grazia perfetta

spunta una rana

con la bacchetta.

Cantando «cra cra»

alla strega la rende,

che tutta contenta

se la riprende.

«Vi ho visti arrivare,

che bell’atterraggio!

Non è che potete

darmi un passaggio? »

«Ma sì, salta su,

ci stai anche tu! »

E … salagadula, con arte e magia,

i cinque amici se ne volano via!

Guida Rossella

con grande destrezza,

la rana fa un balzo e …

… LA SCOPA

SI SPEZZA!

L’uccello e la rana,

il cane ed il gatto

cadono giù …

Oibò, che misfatto!

Vola Rossella

sul manico rotto,

poi sente un ruggito

un poco più sotto …

«Sono un dragone

e ho una gran fame,

per cena mi pappo

STREGA COL PANE! »

Grida Rossella! «Aiuto! Aiuto! »

ma il drago affamato

l’abbatte col fuoco.

La povera strega

stremata ed esausta

aspetta la fine

crudele ed infausta.

 Il drago è vicino

e ha già dichiarato:

«Mi sembra perfetta

per uno stufato! »

Ma ecco d’un tratto

davanti al dragone

si leva dal fango

un orrendo bestione.

Con viscide squame

e zanne taglienti

e piume verdastre

e orribili denti!

Il verso del mostro

è un grugnito tremendo,

MIAOBAUCRACIOP!

È un suono orrendo!

 Il mostro grugnisce:

«Ehi, tu pussa via!

Ho fame anch’io

e la strega è MIA! »

Il drago indietreggia,

non sa cosa fare.

«Ehm, mostro, mi scusi,

non posso restare:

impegni importanti,

perdoni la fretta …»

E zoooom, via nel cielo

come una saetta!

La rana e l’uccello,

il cane ed il gatto

si tolgono il fango

esclamando: «Vigliacco! »

«Amici miei, grazie! »

dichiara Rossella.

«Mi avete salvata

dalla padella! »

Il gran calderone

la strega gioiosa

riempie e poi dice:

«Ognuno porti una cosa! »

E i quattro amichetti,

felici e contenti,

vanno a cercare

i preziosi ingredienti.

Occorre una pigna

e poi un fiore rosso,

un leggero rametto

e infine un bell’osso.

Chissà che magia,

chissà che tesori!

 
Ma dal calderone …

 … UNA SCOPA

ESCE FUORI!

Con nido e poltrone

e acqua corrente

si viaggia davvero

splendidamente!

E micigabula

e bobidibù

dài salta veloce,

ci stai anche tu!
 

Canzone di viaggio

Sole illumina il mio cuore,
vento disperdi le mie pene e i miei lamenti!
Piacere più profondo non conosco sulla terra
se non di andare lontano.
Per la pianura seguo il mio corpo,
il sole deve ardermi, il mare rinfrescarmi
per condividere la vita della nostra terra,
dischiudo festoso i miei sensi.
E così ogni nuovo giorno mi deve
nuovi amici, nuovi fratelli indicare,
e di ogni stella diventare ospite e amico.
 
(Hermann Hesse)
 
 

lunedì 3 novembre 2014

La Fatina dei dentini, Dentolina, è arrivata ancora a casa nostra ^__* ♡

Avete mai visto il film d'animazione della DreamWorks Le 5 Leggende ?! William Joyce ha scritto diversi libri per bambini (ispirati dalla DreamWorks) dove cinque tra le più iconiche figure dell’infanzia si alleano tra loro per sconfiggere nemici e difendere l’innocenza dei bambini. Questi cinque supereroi magici sono Nord (Babbo Natale), Calmoniglio (il Coniglio Pasquale),Sandman (l'Omino del Sonno), Jack Frost (lo Spirito della Neve) e lei, Dentolina (la Fatina dei dentini). Loro con l'aiuto dei bambini che credono in loro e li ammirano, riescono a sconfiggere Pitch (l'Uomo nero).
Dentolina è davvero particolare: è una splendida ed elegante fatina verde e blu, per metà umana e metà colibrì.
È sempre piena di energia, non sta ferma un minuto ed i suoi piedi non toccano mai terra proprio come il velocissimo uccello che batte centinaia di volte al secondo le sue ali. Ha molte aiutanti, ed insieme sono impegnate in un importante compito sette giorni su sette: raccoglie i dentini caduti ai bambini di tutto il mondo!
Perché sono così importanti i dentini? Perché ognuno raccoglie i più preziosi ricordi di infanzia! Contengono sentimenti importanti e ricordi che vengono poi restituiti da lei nei momenti cruciali della loro vita adulta.
Ne vediamo una nel film della DreamWorks, ma nel mondo lavorano oltre un milione di fatine uguali a lei. La sua piccola dimensione e la velocità le permettono di raccogliere i denti di tantissimi bambini in tutto il mondo e mentre Babbo Natale e il coniglio di Pasqua sono impegnati un giorno all’anno, lei lavora per ben 365 giorni l’anno!
Joyce ha commentato:
È un lavoro duro, come essere una mamma a livello globale. È già abbastanza difficile essere una mamma con tre o quattro figli o addirittura uno, immaginate quanto impegno ci deve mettere la nostra Fatina!
 
Al mio pastrugno è caduto il suo terzo dentino
e... ha scritto una letterina che ha poi infilato sotto il cuscino per Dentolina.
 E lei, la magica Fatina ha risposto: