Ti ho amato dal primo istante...

Ti ho amato dal primo istante...

giovedì 18 dicembre 2014

Rispetta i miei tempi e i miei ritmi ^__*

La  biblioteca di Biassono ogni giorno concede a noi mamme e ai nostri piccoli una piccola pillola di saggezza per questo Avvento 2014, che hanno chiamato biblioavvento
Ciò che ho letto oggi mi è piaciuto molto e desidero condividerlo con il mio pastrugno e con tutti coloro che, come lui, amano le fiabe e le filastrocche che ho raccolto qui e che ci seguono. Con affetto, Mamma Mi.
Rispetta
i miei tempi e i miei ritmi
che non sono i tuoi:
io ho bisogno di lentezza
e di calma per imparare,
per crescere, per farmi uomo.
I miei sono i tempi della terra,
i ritmi lenti delle stagioni,
del seme che si fa grano
quando il momento è giunto.
Non prima.
Lasciami libero di essere chi sono,
di diventare ciò
che sono destinato ad essere.
 

sabato 6 dicembre 2014

Buon compleanno, Sabry ♥

Ieri il mio pastrugno con i suoi compagni ha regalato un piccolo fiorellino alla sua maestra per augurarle un felice compleanno.

Ecco oggi
tutti presenti,
di star con te siamo contenti.
Musica,
allegria
per festeggiare questa giornata.
Tamburi, pifferi,
campanelli
per augurarti gli anni più belli.

mercoledì 3 dicembre 2014

L'ALBERO MAGICO

- 22 giorni alla festa più bella dell'anno: il Santo Natale, la festa dell'amore e dei bambini. Che gioia preparare in questi giorni l'albero di Natale ed il presepe insieme ai nostri bambini...
Mamma Mi e il suo pastrugno dedicano a tutti voi, grandi e piccini impegnati in questi giorni nella decorazione dei propri alberi di Natale e dei propri presepi, questa simpatica filastrocca dell'indimenticabile Gianni Rodari.

L'ALBERO MAGICO
 
Non cercarlo nel libro
di scienza naturale:
l'albero di Natale
è l'albero della magia.
Vi crescono in compagnia
arance, mandarini,
caramelle, cioccolatini,
torroni, lumini ...
Ma i frutti più buoni
sono i frutti a sorpresa
che maturano a mezzanotte
nei loro pacchetti,
mentre tu aspetti a letto,
fingendo di dormire,
che ti vengano a chiamare
per farteli scoprire.
 
Questo è l'albero di Natale che il mio pastrugno ha fatto pochi giorni fa in classe con i compagni e la maestra Sabry.L'argomento trattato è quello di EXPO2015 con Foody e amici e quindi... ecco un albero speciale con Arabella, l'arancia, e Pomina, la mela ^___^
 

lunedì 1 dicembre 2014

Babbo Natale, va in pensione

Sabato scorso Mamma Mi ha comprato un libro davvero carino per il suo pastrugno. Una storia di Babbo Natale che fa capire ai bambini (spero anche ai grandi) quanto è importante cercare di evitare il peggio in tutto: basta con il pensare solo ed esclusivamente alla carriera, basta utilizzare sempre l'automobile...
L'autrice, Gabriella Sinigaglia, è stata proprio brava. Spero, che piaccia anche a voi, questa sua storia.
Buona lettura! ^___^ E....... buoni preparativi per la festa più bella dell'anno, il NATALE! ♥


Erano i primi giorni di dicembre, ma l'inverno, quell'anno, non voleva arrivare.

Non si era ancora visto un fiocco di neve e le renne, disperse, pascolavano nelle immense distese di muschi e licheni, alla ricerca di qualche ciuffo di erba fresca.

La cosa strana però, è che insieme a loro c'erano anche gli orsi polari.

Disorientati dal caldo, non si erano ancora avvicinati alla banchisa, né volevano saperne di andare in letargo.

Intanto, a casa di Babbo Natale, era arrivato il momento più atteso dell'anno. Il simpatico vecchietto, in pantofole sulla sedia a dondolo, stava per iniziare la lettura delle letterine ad una folla di folletti impazienti, accoccolati ai suoi piedi.

Di solito, per festeggiare il lieto evento, mangiavano biscotti allo zenzero e cannella, sorseggiando cioccolata calda, ma visto la calura eccezionale, avevano ripiegato su ghiaccioli e limonata fresca.

Ora vi immaginerete Babbo Natale nel suo tradizionale vestito rosso e i folletti nelle loro calzamaglie colorate.

No, niente affatto, non quell'anno.

Erano tutti in mutandine e canottiera.

Un momento, forse quelle di Babbo Natale non erano proprio mutandine!

E va bene, per i più curiosi, erano mutandone rosse, fatte a pantaloncino, con tanti piccoli disegni di renne. Mutandine o mutandone, quel che importa è che Babbo Natale iniziò a leggere la prima letterina.

 "Caro Babbo Natale,

sono stufo dei soliti giocattoli.

Quest'anno vorrei un telefono vero,

un cellulare, così potrò parlare

con i miei amici

ed inviare anche gli sms.

Grazie.

Matteo."

- Per mille renne! Che cosa sono gli sms? - esclamò preoccupato il povero vecchio.

- Sono i messaggi che si scrivono con i telefonini! - rispose il folletto scienziato.

- Sarà meglio leggerne un'altra! - sospirò deluso Babbo Natale.

"Caro Babbo Natale,

ormai sono grande

e i soliti giocattoli

non mi divertono più.

Vorrei una televisione vera,

tutta mia, per poter guardare

i miei programmi preferiti.

Grazie.

Camilla."

- Ci hanno scambiato per un negozio di elettronica! - disse indignato il folletto progettista.

Purtroppo le altre lettere non erano certo migliori: Filippo chiedeva un computer come quello di suo papà.

Francesca dei vestiti firmati per la sua Barbie, che faceva l’indossatrice.

Beatrice un set da trucco come quello della sua mamma.

Marco un aereo telecomandato, uguale a quelli veri, ma in scala ridotta.

-          Meno male! – commentarono i folletti – Non abbiamo mica un hangar per costruirlo! –

Nessuno si accontentava più dei normali giocattoli: tutti pretendevano regali sofisticati, da adulti o per lo meno che ne fossero una imitazione.

Come mai i bambini non desideravano più i giocattoli?

Babbo Natale era sconvolto. Così decise di uscire in giardino a prendere una boccata di aria fresca.

- Babbo Natale! - esclamarono i folletti in coro, - Dove vai in mutande? -
- Chi ha fatto quella bella scultura di neve, a forma di orso proprio davanti a casa? - chiese il vecchietto sulla soglia, non preoccupandosi affatto del suo abbigliamento.
- Non è una scultura, quello è un orso vero! La neve non è ancora arrivata quest'anno! - rispose il folletto più anziano.
- Per tutti i pupazzi di neve! Orsi polari in giardino, le mie renne ancora disperse e i bambini che non vogliono più i giocattoli! - disse sempre più agitato Babbo Natale - Il mondo è impazzito? Forse è colpa del caldo? - Poi aggiunse mogio - Sono troppo vecchio ormai, non riesco a stare al passo con i tempi. Se non posso più accontentare i bambini me ne andrò in pensione. Lascio il mio posto a voi e mi ritiro ai Caraibi. Almeno lì mi passeranno i reumatismi e potrò restare in mutande tutto il giorno! -

I folletti, preoccupatissimi, cercarono di dissuaderlo in tutti i modi ma poi pensarono che, in fondo, una vacanza gli avrebbe fatto bene. Così lo aiutarono a preparare la valigia e pregarono sua cugina, la Befana, di accompagnarlo.

La Befana brontolò un po': lei non aveva nessuna intenzione di andare in pensione e in quel periodo era molto indaffarata a preparare dolci e carbone da consegnare il 6 di gennaio.
Tuttavia, quando capì che Babbo Natale era davvero in crisi, accettò di buon grado, perché, come tutti sanno, sotto le sembianze di strega si nasconde un cuore molto, molto tenero.

- Ci penso io a farlo rinsavire! Va bene un Natale senza neve, ma un Natale senza Babbo Natale che Natale è? - disse con la sua voce roca - Voi confezionate i regali e vi prometto che, per il 24 dicembre, ve lo riporterò come nuovo! -

Detto fatto.
Poco dopo passò a prenderlo, a cavallo della sua turbo-scopa, sfoggiando una insolita tenuta estiva: occhiali da sole, minigonna a fiori e zaino in spalla, o meglio sulla gobba, perché guidando una scopa, la valigia era troppo scomoda.

In effetti, appena la vide, Babbo Natale sembrò ringiovanire all'istante. Memore dei vecchi tempi in cui avevano solcato i cieli come due pirati dell'aria, balzò a cavalcioni della scopa, rompendola.
Per fortuna il folletto progettista modificò l'aspirapolvere di Babbo Natale, che era più robusto e più adatto ad un viaggio così lungo, e i due partirono alla volta dei Caraibi.
Partito Babbo Natale, i folletti si riunirono per decidere cosa fare.
La situazione era grave: i bambini non potevano certo rimanere senza regali, ma d'altro canto, come noto a tutti, i folletti sanno costruire solamente giocattoli.
- Dobbiamo scoprire perché i bambini non vogliono più i giocattoli e per questo dobbiamo osservarli da vicino! - disse il folletto più anziano. - Partiremo oggi stesso, non abbiamo tempo da perdere! -
In fretta e furia radunarono le renne, grazie ai funghi di cui sono tanto ghiotte, e prepararono la slitta. La spedizione era composta dal folletto progettista, dal folletto scienziato e dal folletto più giovane, che con i suoi 200 anni era considerato un bambino.
Dimenticavo il folletto più anziano, che invece di anni ne aveva 400, l'unico in grado di guidare la slitta, oltre a Babbo Natale, naturalmente. 
In un attimo si ritrovarono in mezzo all'azzurro del cielo e sotto di loro le poche case del villaggio sembravano solo dei puntini lontani.

Ma presto entrarono in una fitta cortina grigia e, non vedendo assolutamente niente, furono costretti a lanciarsi in picchiata.

Le renne, una dopo l'altra, cominciarono a starnutire, i folletti, uno dopo l'altro, a tossire e la slitta sobbalzava e zigzagava come se fosse guidata da un ubriaco.

- Meno male che siamo usciti dalla nebbia! - esclamò il folletto più giovane.
- Non è nebbia, ma smog! - precisò il folletto scienziato, indicando l'enorme fila di veicoli in coda sotto di loro - Ora capisco perché fa così caldo. Questi gas di scarico, che ci hanno fatto tossire e starnutire, sono responsabili dell'effetto serra! -
- So tutto sulle serre! - esclamò il folletto più giovane, reduce da un corso di giardinaggio.
- Lasciano passare i raggi del sole che riscaldano l'aria e la terra e trattengono il calore, che non può più uscire. -
- Vuoi dire che la terra è avvolta in una copertina di smog che la riscalda troppo? - chiese il folletto progettista.
- Proprio così! Ora però dobbiamo trovare i bambini - disse il folletto scienziato - Come mai non sono fuori a giocare? -

In effetti, il panorama cittadino non era per niente invitante: case grigie, strade grigie e pochi alberi malconci, grigi.
Il tutto incorniciato da un cielo grigio, che  faceva appena filtrare un pallido sole.
Allora puntarono un palazzo alto, fatto tutto di vetro e si avvicinarono con la slitta in modo da poter sbirciare al suo interno. Ecco dove erano i bambini! In casa! Ma cosa stavano facendo?
Alcuni guardavano la televisione con aria annoiata, altri sembravano ipnotizzati di fronte al computer, altri ancora schiacciavano con foga i tasti dei videogiochi o dei telefonini.

- Meno male che Babbo Natale non è qui, gli si spezzerebbe il cuore! - sospirò il folletto più anziano.
- Questi bambini  sembrano così infelici! -
- Lo sono! - disse il folletto più giovane. - Guardate al terzo piano! Il bimbo biondo con la camicia a scacchi è Matteo, quello che ha scritto la prima letterina.

In questo istante sta pensando:
«Speriamo che Babbo Natale mi porti il telefonino così potrò sentire la voce di qualcuno che conosco mentre sono solo! Sono già le sei, dov'è la mamma?»
E la bimba con le trecce, al quinto piano, è Camilla, che ha scritto la seconda letterina.

Lei invece sta pensando: «Speriamo che Babbo Natale mi porti la televisione, così la metto in camera mia e il mio programma preferito mi terrà compagnia mentre faccio i compiti. Ma quando arriva papà?»
Il folletto più giovane aveva infatti il potere di leggere nel pensiero dei bambini; in realtà era una dote innata di tutti i folletti che si attenuava però con il passare degli anni.

Vi ricordate Filippo, Francesca, Beatrice e Marco? Anche loro abitavano in quel palazzo. Che coincidenza!

Filippo aveva chiesto un computer perché suo padre faceva il programmatore.
Francesca voleva vestiti firmati per la sua Barbie, perché sua madre lavorava per uno stilista d'alta moda.
Beatrice, che desiderava un set da trucco, aveva la mamma truccatrice e indovinate che mestiere faceva il papà di Marco, che voleva un aereo?
Quella non era una coincidenza, pensarono i folletti, e neanche spirito di imitazione. Era un modo per sentirsi vicini a mamma e papà, per essere solidali con loro condividendo la fatica di quel lavoro che li allontanava da casa troppe ore al giorno.

- E' quasi ora di cena! - disse il folletto progettista accusando un languorino,  - dove sono i genitori dei bimbi? -
- Sono imbottigliati nel traffico! - rispose il folletto più anziano.

Alla parola "traffico" il folletto scienziato si illuminò: - Ho trovato! Ho trovato la soluzione per tutti i problemi! -

Ma siccome, si sa, gli scienziati sono tutti un po' strani, non volle rivelarla a nessuno prima di essere di nuovo a casa.

Quell'anno Babbo Natale, più abbronzato che mai, consegnò regali a tutti i genitori! Sì, avete capito bene! Biciclette per tutti, grandi e piccini. Per riscoprire il piacere di stare insieme durante una sana pedalata.
Addio ingorghi, addio smog!

Papà e mamma ritrovarono finalmente il tempo per stare con i loro bambini ed insieme impararono nuovamente a giocare.

Vi chiederete: a giocare con cosa? Con i doni portati da Babbo Natale, naturalmente!

Ad ogni bambino fu regalato un progetto per realizzare, con l'aiuto di mamma e papà, il proprio giocattolo.

Camilla fece il suo televisore con uno scatolone di cartone, una lampadina all'interno e lo schermo di carta velina e si divertì un mondo a mettere in scena i suoi programmi preferiti, senza l'interruzione della pubblicità.

Matteo costruì un telefono con due bicchierini di plastica legati da un filo e ne fu entusiasta, anche se non mandava gli sms.

Filippo riuscì a riprodurre il primo computer dell'umanità: il pallottoliere.
Certo mancava la connessione internet, ma non si può avere tutto!

Francesca cucì per la Barbie splendidi vestiti, firmati da sua madre, con l'aiuto di carta modelli.

Beatrice si preparò da sola i trucchi usando, come da progetto, solo sostanze naturali e truccò con successo le bambole, se stessa e sua madre.

Con carta velina e bacchette di legno, Marco costruì uno splendido aquilone a forma di aereo. E non ci crederete,  imparò a farlo volare meglio di suo padre, che era pilota.

Insomma quel Natale, che era partito così male, fu un grande successo. Si divertirono tutti moltissimo, soprattutto il folletto progettista, che aveva lavorato come un pazzo, giorno e notte.

Quanto all'orso polare nel giardino di Babbo Natale, il folletto scienziato l'ha convinto poi ad andare in letargo.

Gli ha spiegato che, se tutti andranno in bicicletta, diminuirà l'effetto serra e quindi tornerà a fare freddo. Non so se l'orso abbia capito. Di sicuro non sapeva andare in bicicletta, forse per questo si è ritirato in letargo.

(Gabriella Sinigaglia)

giovedì 27 novembre 2014

IL REGALO PIU' BELLO

Manca poco alla festa più dolce dell'anno, la festa del Natale. Secondo voi, grandi e piccini, qual è IL REGALO PIU' BELLO?  Mentre pensate alle possibili eventuali risposte...... Mamma Mi&Pastrugno vi lasciano una storia da leggere tutti insieme. 


Baldassarre era non soltanto un re straordinariamente buono e magnanimo, ma anche uno dei più saggi che avessero mai regnato in Oriente.

Un tempo, un sapiente stregone gli aveva insegnato a interpretare il corso degli astri. Da allora, ogni notte saliva sulla più  alta delle dodici torri del palazzo e leggeva nelle stelle, ed esse gli parlavano, come lettere luccicanti ricamate su un panno nero. Lo informavano se gli anni a venire gli avrebbero portato liete feste, ricche raccolte oppure guerre e invasioni.

Una sera scoprì una stella che splendeva più chiara di tutte le altre, una stella che Baldassarre non aveva mai visto prima. Ardeva nel cielo buio come un immenso fuoco. Accanto ad essa le altre stelle non erano che piccole, insignificanti scintille. A lungo il re osservò quella luce splendente. Poi si recò in biblioteca e prese il vecchio libro che gli aveva donato il suo maestro, lo stregone.

“Apparirà una stella”, lesse “più grande e più luminosa di quante gli uomini abbiano mai visto. Sarà il segno della nascita di un principe, che regnerà sul cielo e sulla terra. Ma agli uomini porterà la pace”.

“Anch’io amo la pace, anch’io sono contro conflitti e guerre”, pensò Baldassarre emozionato. “Voglio vedere questo principe. Io so com’è difficile provvedere alla pace. Forse in questo compito potrò aiutarlo”.

Si mise in fretta la corona in testa, gettò il mantello sulle spalle, si affrettò a scendere nella corte e ordinò ai servi di preparare cammelli e cavalli per un lungo viaggio.

“E dove andrete?”, voleva sapere la gente. “Non lo so”, rispose Baldassarre, “seguiremo la stella”.  Ben presto i cavalli furono sellati. I soldati che dovevano fare da scorta al re, vi montarono sopra. I cammelli, che dormivano ancora con un occhio solo o mugghiavano scontenti, erano stati caricati con otri pieni d’acqua e bisacce colme di provviste.

Tutto quel chiasso aveva svegliato il giovane principe Irenus.

Lasciò in fretta la sua stanza, corse giù per le scale e raggiunse suo padre. “Dove vai?” chiese. “Vado dal giovane principe della pace a regalargli un calice d’oro, figlio mio”, rispose Baldassarre.

“Lasciami venire con te”, lo pregò Irenus.

“No”, disse Baldassarre. “Torna a dormire, Irenus.”

La carovana si mise in moto. Per lungo tempo si udirono ancora i fischi dei cammellieri e il canto monotono dei soldati.

Irenus tornò nella sua stanza e si vestì.

“Anch’io voglio vedere il giovane principe”, si disse. “La stella indicherà il cammino anche a me. Mio padre porta un calice d’oro al principe che è nato. Io gli regalerò i miei tre giocattoli più belli.”

Incartò la palla, regalatagli una volta dal suo amico.

“E’ lucida e splendente come il calice di mio padre”, pensò.

Poi nascose tra i vestiti il suo libro d’illustrazioni preferito e chiamò Plutone, il suo cane bianco.

Quando gli mise il guinzaglio, per un attimo non fu più così certo di potersi separare anche da lui. Irenus lasciò il palazzo e camminò tutta la notte. La stella gli indicava il cammino.

Al sorgere del sole giunse a un piccolo villaggio. Là vide una bambina che piangeva sommessa. “Tutti i miei compagni mi deridono, perché i miei abiti sono rattoppati. Nessuno vuol giocare con me”, si lamentava,

“Prendi questa palla”, disse subito Irenus. “Così avrai una compagna di giochi”.

La bimba fu così felice, che stentò a credere di poter davvero tenere la palla.

Si fece sera, e la stella tornò a risplendere chiara nel cielo. Irenus proseguì il suo cammino.

Il mattino seguente giunse a una casetta. Là trovò un uomo che guardava fisso dinanzi a sé e di tanto in tanto faceva un gran sospiro.

“Che cos’hai?” chiese Irenus.

“Sento la gotta in tutte le ossa”, si lamentò l’uomo. “Sono vecchio e malato. Un tempo andavo di città in città e ho visto un po’ del mondo. Ora non riesco neanche più a trascinarmi fin dal mio vicino. Preferirei morire”.

Allora Irenus gli donò il suo libro.  “Adesso è tuo”, disse. “Ci troverai dentro il mondo intero, con tutte le piante e gli animali”.

Il vecchio aprì il libro con cautela. “Ci sono anche dei versi”, si rallegrò. “Mi faranno compagnia. Ora non sono più solo”.

La terza notte non finiva più. I piedi di Irenus erano doloranti, e Plutone ansimava. Ma la stella era splendente come non mai.

Il mattino seguente Irenus si fermò a riposare nella casa di un contadino. Là abitava un ragazzo che aveva all’incirca la sua età.

Da mesi la sua gamba malata lo costringeva a stare a letto. Quando il ragazzo vide come Irenus riusciva a camminare e a stare in piedi senza fatica, serrò le labbra, volse il capo verso la parete e non disse più una parola. Irenus continuò a far domande, ma non ottenne più alcuna risposta.

Plutone aveva voglia di giocare, e continuava a saltare vicino a Irenus. Mentre il suo padrone non lo stava guardando d’un tratto saltò sul letto e si mise a solleticare il ragazzo malato con la lingua e con le zampe, così a lungo che questi alla fine fu costretto a ridere, si girò verso il cane e lo accarezzò. Quando Irenus lo vide, prese il guinzaglio del suo cane e lo mise in mano al ragazzo.

Uscito di casa, sentì che gli salivano le lacrime agli occhi. Era un dolore dover abbandonare il suo compagno di giochi e non rivederlo mai più. Cominciò a correre nella notte, per allontanarsi il più possibile da Plutone, corse senza guardare la strada, inciampò, continuò a correre finchè cadde a terra sfinito, e là rimase e si addormentò subito.

Quando si svegliò, si sentì stranamente riposato e felice. D’un tratto anche il pensiero di Plutone non gli faceva più male.

Vide la stella che splendeva come il sole sopra un villaggio, e là emerse anche una casa avvolta in una luce dorata.

In quella casa c’erano un uomo e una donna che si chinavano sorridendo sulla culla in cui giaceva il bambino: il nuovo principe della pace.

Accanto alla culla c’era suo padre con altri due re. I re deposero i loro regali ai piedi del bimbo: un vaso prezioso pieno di mirra, una coppa d’argento con dentro incenso e il calice d’oro di Baldassarre.

Irenus si chinò sulla culla e si rivolse alla donna. Voleva raccontarle che la sua palla aveva reso felice una bambina povera, il suo libro aveva rallegrato un vecchio uomo e il suo cane aveva consolato un ragazzo malato, voleva spiegarle i motivi per cui non aveva più nulla da regalare. Ma la donna lo capì, prese le mani vuote del ragazzo tra le sue e le baciò.

 
"Qual è il regalo più bello?
Il perdono!
E quale è la cosa più bella di tutte?
Di certo, l’amore."
(Madre Teresa di Calcutta)

martedì 25 novembre 2014

LA STORIA DEL NATALE

Domenica prossima, 30 novembre 2014, inizierà il periodo dell'Avvento (anche se Mamma Mi&Pastrugno sono in Avvento già da due settimane, in quanto dove abitano loro è in uso il rito ambrosiano e il periodo di Avvento per il rito ambrosiano dura sei settimane anziché quattro) e in questi giorni la maestra Sabry leggerà a Pastrugno e ai suoi compagni "La storia del Natale".
Questa storia, poi, anche per ricordare il SI più dolce di tutta la Bibbia: l'accettazione di Maria, che festeggeremo il prossimo e imminente 8 dicembre.♥
 
Al tempo di Erode, re della Giudea, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio nella città di Nazaret a una vergine, promessa sposa di un uomo chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
E l'angelo disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te.
"Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
"Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; e il suo regno non avrà fine".
Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto".
E l'angelo partì da lei.
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.
Anche Giuseppe salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.
Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro:

"Non temete, ecco vi annunzio
una grande gioia, che sarà
di tutto il popolo:
oggi vi è nato nella città
di Davide un salvatore,
che è il Cristo Signore.
Questo per voi il segno:
troverete un bambino avvolto
in fasce, che giace in una mangiatoia".

E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
"Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".

Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro:
"Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".
Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.
E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.

Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano:
"Dov'è il re dei Giudei che è nato?
Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".

All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli:
"Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".

Udite le parole del re, essi partirono.
Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

Allora l'angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo". Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto.

Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

Morto Erode, Giuseppe prese con sé il bambino e sua madre e tornò ad abitare a Nazaret.

giovedì 13 novembre 2014

Serafino e la strega Sibilla

Sibilla la strega
viveva in una casa tutta nera
nel cuore di una foresta
altrettanto nera.
La casa era nera di fuori
e nera di dentro.
I tappeti erano neri.
Le sedie erano nere.
Il letto era nero e aveva
lenzuola e coperte nere.
Persino il bagno era nero.
Sibilla viveva nella sua casa nera
con il gatto, Serafino.
Anche Serafino era nero.
Ed è così che iniziarono i guai.
Quando Serafino era seduto su una sedia
con gli occhi aperti,
Sibilla riusciva a vederlo.
Vedeva almeno i suoi occhi. (verdi!)
Ma quando Serafino chiudeva gli occhi
per schiacciare un pisolino,
Sibilla non riusciva più a vederlo.
Così finiva col sedercisi sopra.
Quando Serafino si accoccolava sul tappeto
con gli occhi aperti, Sibilla riusciva a vederlo.
Vedeva almeno i suoi occhi. (verdi!)
Ma quando Serafino chiudeva gli occhi
per schiacciare un pisolino,
Sibilla non riusciva più a vederlo.
Così finiva con l'inciamparci dentro.
Un giorno, dopo un  brutto ruzzolone,
Sibilla decise che qualcosa andava fatto.
Afferrò la sua bacchetta magica,
la fece roteare una volta e,
ABRACADABRA!,
Serafino non era più un gatto nero.
Ma di un verde brillante!
Ora, quando Serafino
dormiva sulla sedia
Sibilla riusciva a vederlo.
Quando Serafino
dormiva sul pavimento
Sibilla riusciva a vederlo.
E riusciva a vederlo anche quando
dormiva sul letto.
Ma Sibilla non gli permetteva di
dormire sul letto ...
... e così un giorno lo afferrò
e lo portò fuori.
Fuori sull'erba.
Ma quando Serafino era seduto fuori sull'erba
Sibilla non riusciva a vederlo, neanche
quando teneva gli occhi aperti.
Un giorno, uscendo frettolosamente di casa,
Sibilla inciampò in Serafino,
fece tre capriole
e cadde in un cespuglio di rose.
Questa volta Sibilla era furiosa.
Afferrò la bacchetta magica,
la fece roteare cinque volte e ...
... ABRACADABRA!
Ecco che Serafino aveva la testa rossa,
il corpo giallo, la coda rosa,
i baffi blu e le quattro zampe viola.
Soltanto gli occhi erano ancora verdi.
Ora Sibilla riusciva a vedere Serafino
quando sedeva sulla sedia,
quando era sdraiato sul tappeto,
quando strisciava nell'erba ...
... e persino quando si arrampicava
in cima all'albero più alto.
Serafino si arrampicava
in cima all'albero più alto per nascondersi.
Era ridicolo e se ne rendeva ben conto.
Persino gli uccelli lo prendevano in giro.
Serafino era depresso.
Rimase sull'albero
tutto il giorno e tutta la notte.
Il mattino successivo Serafino
era ancora sull'albero.
Sibilla era preoccupata.
Gli era molto affezionata
e non voleva che fosse triste.
Fu allora che Sibilla ebbe un'idea.
Diede un colpetto alla sua bacchetta magica e,
ABRACADABRA!, Serafino era di nuovo
un gatto nero.
Felice, scese giù dall'albero facendo le fusa.
Frrrr... frrrrr... frrrrr!
Poi Sibilla diede un altro colpo con la sua bacchetta magica
e un altro e un altro ancora.
Ora invece di avere una casa nera,
aveva una casa gialla
col tetto rosso e una porta rossa.
Le sedie erano bianche
con cuscini a righe rosse e bianche.
Il tappeto era verde
con tante rose rosse.
Il letto era blu e aveva lenzuola bianche
e coperte rosa.
Il bagno era di un bianco splendente.

E adesso Sibilla riesce a vedere Serafino
ovunque esso sia.

martedì 11 novembre 2014

La strega Rossella


La strega Rossella

ha una scopa volante

che quando lei vuole

decolla all’istante!

Se le giornate

son tiepide e belle

riesce a volare

fino alle stelle.
 

Ma il vento là in alto

è un po’ pazzerello,

in quattro e quattr’otto

s’è preso il cappello!

 Cercano in giro

Rossella e il suo gatto

il cappello scomparso,

ma … niente di fatto!

 Esclama Rossella:

«Per tutti i portenti!

Ce l’ha quel cagnetto

lì, in mezzo ai denti! »

 Il cane gentile

le porge il cappello

(un bel copricapo,

fa anche da ombrello!),

poi dice: «Mi scusi,

vi ho visti volare,

se poi ripartite

mi fate salire? »

«Ma sì, salta su,

ci stai anche tu! »

E … salagadula,

con arte e magia,

i tre passeggeri se ne volano via!

«Che bello, guardate,

un vecchio castello! »

esclama Rossella

stringendo il cappello.

«Però» pensa il cane,

«che vento bislacco,

s’è preso il cappello

e ora anche il fiocco! »

Tra il grano, la strega

col cane ed il gatto

cerca il suo fiocco,

ma … niente di fatto!

Tutto ad un tratto

il cane fa: «Ecco!

C’è la un uccellino

col fiocco nel becco! »

Il verde pennuto

dà il fiocco alla strega,

che ai rossi capelli

di nuovo lo lega.

Poi dice: «Mi scusi,

è una scopa da tre,

oppure c’è posto

anche per me? »

«Ma sì, salta su,

ci stai anche tu! »

E … salagadula,

con arte e magia,

la strega e gli amici se ne volano via!

 Tra gocce di pioggia

e gran nuvoloni,

volano i quattro

fra i lampi ed i tuoni.

Rossella è prudente

e vola più piano,

però la bacchetta

le sfugge di mano.

L’uccello ed il cane,

la strega ed il gatto

cercano in giro,

ma … niente di fatto.

Tra canne e ninfee

con grazia perfetta

spunta una rana

con la bacchetta.

Cantando «cra cra»

alla strega la rende,

che tutta contenta

se la riprende.

«Vi ho visti arrivare,

che bell’atterraggio!

Non è che potete

darmi un passaggio? »

«Ma sì, salta su,

ci stai anche tu! »

E … salagadula, con arte e magia,

i cinque amici se ne volano via!

Guida Rossella

con grande destrezza,

la rana fa un balzo e …

… LA SCOPA

SI SPEZZA!

L’uccello e la rana,

il cane ed il gatto

cadono giù …

Oibò, che misfatto!

Vola Rossella

sul manico rotto,

poi sente un ruggito

un poco più sotto …

«Sono un dragone

e ho una gran fame,

per cena mi pappo

STREGA COL PANE! »

Grida Rossella! «Aiuto! Aiuto! »

ma il drago affamato

l’abbatte col fuoco.

La povera strega

stremata ed esausta

aspetta la fine

crudele ed infausta.

 Il drago è vicino

e ha già dichiarato:

«Mi sembra perfetta

per uno stufato! »

Ma ecco d’un tratto

davanti al dragone

si leva dal fango

un orrendo bestione.

Con viscide squame

e zanne taglienti

e piume verdastre

e orribili denti!

Il verso del mostro

è un grugnito tremendo,

MIAOBAUCRACIOP!

È un suono orrendo!

 Il mostro grugnisce:

«Ehi, tu pussa via!

Ho fame anch’io

e la strega è MIA! »

Il drago indietreggia,

non sa cosa fare.

«Ehm, mostro, mi scusi,

non posso restare:

impegni importanti,

perdoni la fretta …»

E zoooom, via nel cielo

come una saetta!

La rana e l’uccello,

il cane ed il gatto

si tolgono il fango

esclamando: «Vigliacco! »

«Amici miei, grazie! »

dichiara Rossella.

«Mi avete salvata

dalla padella! »

Il gran calderone

la strega gioiosa

riempie e poi dice:

«Ognuno porti una cosa! »

E i quattro amichetti,

felici e contenti,

vanno a cercare

i preziosi ingredienti.

Occorre una pigna

e poi un fiore rosso,

un leggero rametto

e infine un bell’osso.

Chissà che magia,

chissà che tesori!

 
Ma dal calderone …

 … UNA SCOPA

ESCE FUORI!

Con nido e poltrone

e acqua corrente

si viaggia davvero

splendidamente!

E micigabula

e bobidibù

dài salta veloce,

ci stai anche tu!