Ti ho amato dal primo istante...

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sabato 19 ottobre 2013

EVVIVA IL BUIO!


Il buio è abbagliante! Il buio è divertente! Il buio è utile! Il buio è affascinante! Il buio è magnifico! Evviva il buio!



Quando Plop si svegliò, il buio stava già calando. Plop uscì sul ramo; c’era una bella arietta frizzante. “Ma che uccello del giorno!” gridò alle tenebre. “Io sono quello che sono!”
“Che cosa stai urlando?” chiese papà gufo svegliandosi di soprassalto.
“Credo che finalmente Plop cominci ad apprezzare di essere un gufo”, rispose la mamma. “Shh! Fa’ finta di dormire.”
Plop salì dondolando da loro: erano distesi immobili. Come facevano a dormire in una notte così incantevole! Bene, lui non sarebbe rimasto ad aspettarli senza far niente; avrebbe potuto perdersi qualcosa di bello! Poteva tornare il signore col telescopio, o un boy-scout, o chissà chi. Aveva intenzione di scendere a vedere.
Così Plop chiuse gli occhi, respirò profondamente e si staccò dal suo ramo.
Planò con le sue piccole ali bianche e si posò come una piuma. Tutto soddisfatto, si guardò intorno.
Nell’ombra sotto l’albero brillavano due strani fanali. Plop si avvicinò e scoprì che i fanali erano un paio di occhi spalancati che appartenevano a un grosso gatto nero. Plop aspettò un minuto, senza sapere bene che cosa aspettasse.
“Stai per dire qualcosa?” chiese alla fine. “Tutti gli altri l’hanno fatto.”
“Che cosa dovrei dire?” miagolò il gatto.
“Be’, io che sono, secondo te?” disse Plop. “Mi hanno scambiato per una girandola, per un fulmine, per un gomitolo di lana, e anche per un ciccio e per una stella cadente, e perfino per un budino di crema. A te non sembro niente?”
“A me sembri un piccolo gufo”, rispose il gatto. Poi, vedendo l’espressione delusa di Plop, aggiunse: “Ma per un momento mi sono chiesto se per caso avesse cominciato a nevicare.”
“Pensavi che fossi un fiocco di neve?” chiese Plop, illuminandosi dalla contentezza.
“Sì, ma poi quando sei atterrato ho visto che somigliavi di più a un grasso ometto di neve, e solo dopo ho capito che eri un piccolo gufo. Salve, io mi chiamo Orione.”
“Orione! Il Grande Cacciatore!” esclamò Plop.
“Be’, ti ringrazio” disse il gatto lisciandosi i baffi sottili con una zampata di modestia. “In verità sono un discreto cacciatore di topi, ma non sapevo di essere tanto famoso.”
“Orione”, ripeté Plop. “Oh, come vorrei avere un nome così!”
“Perché, il tuo nome qual è?” chiese il gatto.
“Plop”, rispose Plop. “Non è tremendo?”
“Oh, non so … è … curioso”, disse educatamente il gatto, “e per lo meno è corto. Sai, non esiste un diminutivo per Orione, così di solito mi chiamano ‘Micio’, e non è che mi piaccia molto.”
“Io ti chiamerò Orione”, dichiarò Plop.
“Sei gentile”, disse il gatto. “Senti … ehm … Plop, sto giusto andando a caccia. Ti piacerebbe venire con me?”
“Oh, non so”, rispose Plop. “Penso che mi piacerebbe, ma non mi trovo molto a mio agio nel buio…”
“Non è possibile! Bisogna fare qualcosa!” esclamò Orione.
“E che cosa?” chiese Plop. “Che cosa si può fare quando si ha paura del buio?”
“Io non credo che tu abbia realmente paura”, disse Orione. “Tu credi di averla. IL BUIO E’ BELLO. Prendi una notte come questa, e guardati intorno: non è bella?”
Plop guardò. Era spuntata la luna, e bagnava ogni cosa con la sua luce bianca.
“Io amo il chiaro di luna”, sospirò il gatto. “Il chiaro di luna è magico; fa diventare d’argento tutte le cose che tocca, specialmente nelle notti gelate come questa. Su, vieni con me, Plop, e io ti mostrerò uno scintillante mondo d’argento …  il segreto mondo notturno dei gatti e dei gufi. La gente del giorno ora sta dormendo. E’ tutto nostro, Plop! Vuoi venire?”
“Sì”, gridò Plop, “verrò! Aspetta solo un momento: dico alla mamma dove vado.” E sfrecciò sopra il suo ramo.
“Allora?” chiese sua madre.
“Orione dice che il buio è bello, e mi ha chiesto di andare a caccia con lui. Posso andarci, mammina, vero?”
“Certo, tesoro. Ma chi è Orione?”
“E’ il Grande Cacciatore!” esclamò Plop. “Ci vediamo più tardi.”
Quando papà gufo rientrò dalla sua prima spedizione, trovò sua moglie un po’ agitata.
“Penso che tutto quello scrutamento di stelle abbia fatto perdere la testa a Plop”, disse. “Ha raccontato che va a caccia con Orione. Non era una delle stelle che ci ha mostrato la notte scorsa?”
“Be’, io l’ho visto poco fa insieme ad un normalissimo gatto nero”, disse papà gufo. “Stavano sgattaiolando tra i comignoli di quelle case presso la chiesa.”
“Così lontano da qui … sei sicuro che fosse Plop quello che hai visto?” chiese mamma gufo.
Era proprio Plop. Orione l’aveva fatto salire nel suo mondo in cima ai tetti; il gatto andava avanti, un po’ arrampicandosi e un po’ a balzi, mentre Plop svolazzava dietro di lui.
Si fermarono sul tetto più alto, un gatto di velluto nero e un bianco piumino da cipria, l’uno accanto all’altro, a guardare di sotto la città addormentata.
“Allora?” chiese il gatto.
“E’ … oh, sono senza parole”, sussurrò Plop. “Hai ragione tu: io sono un uccello notturno, dopotutto. Come si fa a dormire tutta la notte e perdersi questo!”
“E quella che vedi è solo una notte”, disse Orione. “Ne esistono mille altre, e tutte belle. Ci sono le notti estive calde e profumate; le fredde e ventose notti quando le nuvole si azzuffano e ricamano ombre strane per terra; le notti dei temporali, tagliate all’improvviso dalle lame bianche dei lampi; le fresche notti di primavera, quando perfino gli uccelli del giorno non hanno voglia di dormire; e le silenziose notti invernali, quando la neve ricopre la terra e gela gli alberi e le case. Ah, le notti che ho visto … e che vedrai anche tu,Plop, da bravo uccello notturno!”
“Sì, questo è il mio mondo, Orione!” esclamò Plop. “Ma ora devo tornare a casa.”
“Come,così presto? Non siamo ancora andati a caccia, ed io ho un mucchio di altre cose da farti vedere … un lago ghiacciato dove galleggia la luna, e …”
“Devo andare, Orione. Voglio fare una sorpresa ai miei genitori. Ti ringrazio davvero di … avermi fatto capire che sono un uccello notturno.”
Fece il suo buffo piccolo inchino, e il gatto nero gli rispose solennemente con un altro inchino. “Ciao, Plop”, disse, “ti auguro mille buone notti!”
Plop si alzò in volo, disegnò un cerchio in aria, fece un ultimo iiik di saluto e poi tornò al suo albero, volando dritto e sicuro.
“Allora?” chiese sua madre.
Plop fece un respiro profondo. “Il bambino ha detto che il buio è abbagliante, la vecchia signora ha detto che il buio è simpatico, il boy-scout ha detto che il buio è divertente, la bambina ha detto che il buio è utile, la ragazza ha detto che il buio è affascinante, il signore col telescopio ha detto che il buio è magnifico, e il gatto Orione dice che il buio è bello.”
“E tu che ne pensi, Plop?”
Plop guardò la mamma con occhi brillanti. “Io penso … io penso che … IL BUIO E’ SUPER!” rispose. “Zitta, adesso; sta arrivando papà. Non dirgli niente.”
Papà gufo entrò con un gran battito d’ali e gettò qualcosa ai piedi di Plop.
Plop l’inghiottì in un boccone. “Buono”, disse. “Che cos’era?”
“Un topolino d’acqua.”
“Mi piacciono i topolini d’acqua”, dichiarò Plop. “Che c’è dopo?”
“Perché non vieni con me e prendi quello che vuoi?” disse papà gufo.
“Oh, magari!” rispose Plop.
Papà gufo sbatté gli occhi. “Che cosa hai detto?”
“Ho detto ‘magari’. Mi piacerebbe tanto venire a caccia con te”, disse Plop.
“Credevo che avessi paura del buio.”
Io?” gridò Plop. “Paura del buio! Ma questo era tanto tempo fa!”
“Bene!” disse suo padre. “Allora che stiamo aspettando? Si va a caccia!”
“Ehi, un momento”, li chiamò la mamma. “Vengo anch’io!”
Così si alzarono in volo tutti insieme nel chiaro di luna, papà gufo e mamma gufo ai lati, e Plop in mezzo.
Plop … un uccello notturno.

("Il gufo che aveva paura del buio" di Jill Tomlinson)

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