Ti ho amato dal primo istante...

Ti ho amato dal primo istante...

giovedì 23 maggio 2013

Filastrocca quattro stagioni

Filastrocca quattro stagioni
Bimbi monelli e bimbi buoni
Giorni di sole e giorni di tuoni.
Filastrocca dodici mesi,
Bimbi europei, africani, cinesi
Giorni belli e giorni noiosi.
Filastrocca per tutti i giorni,
Per le partenze e per i ritorni,
ho visto draghi, chimere e unicorni!
Filastrocca delle ore,
A volte l’affetto diventa amore,
Sbocciano i fiori, raccogli le more.
Filastrocca del tempo del passa,
Pane farcito con la melassa,
Se avvolgi il filo ne fai una matassa.

mercoledì 22 maggio 2013

Pollicino - fiaba di Jakob e Wilhelm Grimm


 
Moltissimo tempo fa, quando si filava ancora la lana, nelle campagne vivevano due poveri contadini, marito e moglie. Sebbene fossero molto poveri, desideravano moltissimo avere un figlio.
- Pensa, moglie mia - sospirava l'uomo - come la casa sarebbe più allegra se ci tenesse compagnia vicino al fuoco un bel bambino!
- Ahimè! Marito mio - rispose la moglie fermando il suo arcolaio - anche io ne sarei molto felice. Anche se fosse molto piccolo, guarda, non più grande del mio pollice, l'accoglierei con gioia.
Qualche mese dopo, con loro grande felicità, nacque un figlio. Era ben fatto ed aveva una bella voce, ma di taglia piccolissima, non più grande dell'unghia di suo padre. Il ragazzo non divenne mai grande. Aveva un'intelligenza viva, era anche molto abile, riusciva in tutto quello che si attingeva a fare. I suoi genitori, anche se in un primo tempo si erano preoccupati, si erano presto adattati alla sua piccola statura e lo avevano soprannominato con affetto Pollicino. Vegliavano su questo piccolo uomo che avevano tanto desiderato, affinché non gli mancasse nulla. Un giorno suo padre, mentre si apprestava a partire per abbattere alcuni alberi, sospirò:
- Se avessi almeno qualcuno che mi aiutasse a condurre la carretta!
- Papà! - gridò Pollicino - Lasciami guidare la carretta da solo. Ti raggiungerò nella radura e tu intanto guadagnerai tempo.
- Ma tu sei piccolo! - esclamò il padre sorridendo - Come potrai guidare il cavallo e prendere le redini?
- Ho un'idea - gridò il piccolo uomo - la mamma attaccherà il cavallo, poi mi isserà fino all'altezza della testa ed io scivolerò all'interno del suo orecchio. Il cavallo mi conosce bene e non avrà certamente paura, così io lo guiderò al luogo dove avrai tagliato la legna.
Il padre diede infine il suo consenso, la madre attaccò il cavallo. Il ragazzo lo guidò come un vero carrettiere, fermandosi saggiamente agli incroci. Quando fu in vista della radura incrociò due stranieri che chiacchieravano. Poiché udirono una voce essi si voltarono.
- Hoo! Hoo! Là! Là! Stiamo per arrivare mio bravo Zeffiro - gridò in quel momento Pollicino ben nascosto nel suo strano nascondiglio.
- Sangue di Bacco! Sto sognando! - disse uno dei due - una carretta che se ne va da sola: si sente la voce del guidatore e non si vede nessuno.
- Seguiamola, non c'è dubbio che si tratta di qualche stregoneria.
Il pesante veicolo si fermò di colpo davanti alla catasta di legna. Davanti agli occhi dei due curiosi il contadino s'avvicinò al cavallo e gli tolse dall'orecchio il minuscolo omino che, tutto vispo, venne a sedersi su un fuscello di paglia a qualche metro dai due uomini. Nel vedere questo personaggio in miniatura così audace e pieno di risorse, i due uomini ne rimasero colpiti. Alla fine uno dei due s'avvicinò al contadino e gli disse:
- Brav'uomo, ci venda suo figlio. Gli faremo guadagnare una fortuna facendolo vedere nelle fiere dei grandi villaggi.
- Vendere il mio caro figlioletto? Non se ne parla nemmeno. - rispose indignato il contadino.
Ma Pollicino, approfittando della distrazione dei due compari, occupati a contare i loro scudi, gli sussurrò:
- Papà, accetta il denaro di questi due furfanti che vogliono sfruttarmi, io scapperò prestissimo, te lo prometto.
Il brav'uomo, con il cuore un po' grosso, lo vendette quindi per due bei scudi d'oro. Rapidamente saltò sulla falda del vestito di uno dei due compari, s'arrampicò sulla sua spalla e infine s'installò sul bordo del suo cappello. Camminarono così tutta la giornata e allorquando arrivarono al bordo di un campo appena mietuto, Pollicino all'improvviso gridò:
- Lasciatemi scendere a terra, vedo laggiù un coniglio selvatico preso al laccio, con il quale potremo fare un buon pranzo. Ve lo mostrerò.
Allettato e senza alcun sospetto, l'uomo lo posò in terra. Agile come un'anguilla, Pollicino si infilò nel buco di un topo campagnolo gridando:
- Buona sera signori e buon viaggio, ma senza di me.

Furiosi i due uomini se ne partirono imprecando. Pollicino decise di attendere l'alba al riparo di un guscio vuoto di lumaca. Dormiva profondamente quando un brusio di voci lo svegliò. Due ladri si erano fermati a due passi da lui. Uno di loro diceva:
- Come potremo rubare a questo ricco prete?
- Vi dirò io come fare - gridò molto forte Pollicino - portatemi con voi e io vi aiuterò. Abbassate gli occhi, sono qui vicino.
- Come, sei tu, piccolo diavoletto, che pretendi d'aiutarci? - dissero i due ladroni scoppiando a ridere.
- Io scivolo con facilità tra le sbarre della camera del prete - spiegò Pollicino - poi, una volta entrato, vi passo tutto quello che volete.
- Tu non sei uno stupido - disse uno dei due uomini collocandolo sulla sua spalla - che la fortuna ci assista, ma affrettiamoci perché si sta alzando la luna.
Arrivati al presbiterio, Pollicino vi entrò e si mise a gridare:
- Volete tutti i luigi d'oro e i lingotti d'argento?
Stupiti i ladri lo supplicarono immediatamente di parlare a voce bassa, perché un tal chiasso rischiava di svegliare il prete. Ma Pollicino fece orecchie da mercante ai consigli dei due banditi e gridò a gran voce:
- Decidetevi perdiana! I quadri e l'argenteria vi interessano o no?
La cuoca che aveva il sonno leggero, udendo quel beccano, scese dal letto, accese la candela alle braci del focolare e si precipitò in direzione dell'ufficio. Quando entrò nella stanza la trovò vuota. I ladri, spaventati, erano fuggiti da sotto la finestra, mentre Pollicino, tutto tranquillo, si era rifugiato in una mangiatoia del granaio vicino. La brava donna, rassicurata, tornò a dormire. Al mattino, all'alba, la serva incaricata di dar da mangiare alle bestie s'impossessò di una bracciata di fieno per nutrire le mucche. Quella che aveva il vitellino ad allattare si gettò avidamente sulla mangiatoia e, hop! Pollicino, svegliatosi, fu precipitato fino in fondo allo stomaco nauseabondo del ruminante che ingurgitava grosse quantità di fieno.
- Basta fieno, basta erba! Soffoco! - gridò Pollicino.
Presa da gran spavento nel sentire la mucca parlare, la povera serva cadde riversa chiamando il prete al soccorso.
- Miio braavo pa pa..drone, la la.. nos...tra mu..mu...mmucca paarla que..que..sta mamaa..ttina! - balbettò la brava donna.
- Vediamo, figlia mia, lei sogna! - gridò stupito il prete alzando la sottana nella stalla tutta sporca.
Ma la voce risuonò di nuovo. Il prete si fece subito il segno della croce.
- E' senza dubbio una manovra del diavolo.
Cosparse abbondantemente d'acqua santa la stalla, la mucca e la serva. Dopodiché (non si è mai troppo prudenti) decise di far abbattere l'animale perché continuava ostinatamente a gridare. Effettivamente Pollicino aveva paura di morire soffocato. La povera mucca fu dunque sacrificata e il suo stomaco fu gettato in un mucchio di detriti. Pollicino soffrì molto ad uscire da quel ventre maleodorante. Finalmente respirò il suo primo sbuffo d'aria fresca, sennonché un lupo affamato inghiotti lo stomaco della mucca ed il suo contenuto. Ecco di nuovo il nostro sfortunato piccolo uomo in un nuovo nascondiglio poco confortevole ed inoltre tutto buio. Egli quindi mormorò:
- Caro lupo, nell'ultima casa del villaggio c'è una dispensa ben fornita. Quando arriva la notte entra dentro dal tubo di scarico, potrai così riempirti la pancia a sazietà.
- Questo lungo digiuno - borbottò tra se il lupo - mi dà le allucinazioni, infatti sento alcune voci... bah! Il consiglio non è poi così cattivo, seguiamolo.
Lo seguì così bene che quando volle andarsene il suo ventre troppo pieno gli impedì di passare attraverso il tubo. Era rimasto in trappola. Pollicino si mise subito a gridare, mettendo in subbuglio la casa:
- Caro papà, ammazza questo lupo che mi tiene prigioniero nella sua pancia!
Così avvenne e, Pollicino ritrovò i suoi genitori felici di rivederlo.

lunedì 20 maggio 2013

Ti vedo crescere ♥


 Ho letto questa poesia in una pagina facebook che trovo non bella ma molto molto molto bella e questa poesia la condivido qui dedicandola a mio figlio e a tutti i bambini del mondo!
 
Ti vedo crescere.

Sei il figlio della mia vita.

Sei il mio entusiasmo, le mie certezze.

Sei il mondo d’oggi, quello vero,
non quello dipinto da chi vivendo
nel passato
è troppo stanco per capire
il presente.

Ti vedo crescere e poi d’un tratto
tutti i sentimenti diventano incertezze.

Che bello!
Tu hai la possibilità di scegliere.
Ti vedo andare avanti con l’energia e l’entusiasmo del sangue nuovo.
Ti vedo crescere e sei il figlio della vita.

Per questo ti amo
e una forma di rispetto mi porta a lasciarti andare
portando pace nel mio cuore.

venerdì 17 maggio 2013

Il servo pensieroso (fiaba indiana)

Una volta un uomo e il suo servo si misero in viaggio, e quando scese la notte si fermarono a dormire sotto un albero. L'uomo sapeva che quello era un paese di ladri, e disse al servo: "Sarà meglio che tu faccia la guardia, altrimenti ci ruberanno i cavalli. Tieni gli occhi bene aperti, mi raccomando."
Il servo si mise a sedere accanto al fuoco e il padrone si addormentò, ma nel mezzo della notte si svegliò di soprassalto e vide che l'altro aveva posato la testa sulle ginocchia, come se schiacciasse un pisolino.
Subito lo scosse e gli chiese: "Cosa fai, dormi?"
"No" rispose il servo "sto solo pensando. Mi chiedevo da dove è venuta tutta l'acqua che riempie gli oceani."
"Speriamo che mentre tu pensi i ladri non vengano a rubarci i cavalli sotto il naso" disse il padrone, e si riaddormentò.
Dopo qualche ora si svegliò di nuovo, e di nuovo gli sembrò che il servo si fosse appisolato.
"Svegliati, poltrone! Non è il momento di dormire" gli disse. E l'altro: "Non dormivo: stavo pensando al Cielo e a come fa a reggersi da solo, senza pilastri né colonne che lo sostengano."
"Pensa meno e bada che non ci portino via i cavalli, piuttosto!"
Il padrone tornò a dormire, e quando si svegliò era quasi l'alba. Accanto al fuoco spento, il servo aveva l'aria di chi sta riflettendo profondamente.
"E adesso a che pensi?" domandò l'uomo.
"Penso a chi di noi due dovrà caricarsi in spalla i bagagli, padrone, perché stanotte ci hanno rubato i cavalli."

Non pensate troppo... su su che è VENERDI'! Mamma Mi e pastrugno augurano a tutti coloro che passano da questo nostro blog fiabesco un sereno fine settimana senza troppi pensieri!
 ♡ ☆✿*ღ*ჱܓ ✿☆♡

giovedì 16 maggio 2013

Il cieco con la lampada (fiaba indiana)

In una notte buia e senza Luna, un cieco se ne andava a casa tutto solo, stringendo un bastone in una mano e una lanterna nell'altra. Camminava svelto come se ci vedesse, perché conosceva bene la strada e gli bastava toccare i muri delle case col suo bastone per capire dov'era.
A un certo punto, però, un uomo gli passò vicino e si mise a ridere, dicendo: - Ma guarda che cosa ridicola: un cieco che va in giro con una lanterna accesa! A che cosa ti serve, visto che per te il giorno e la notte sono uguali?
E il cieco: - La lanterna non è per me, ma per quelli come te, che nel buio non ci vedono e potrebbero venirmi addosso!


Che fa la luna, di notte?

Di giorno,
la luna
dorme ... ma ...
Che fa la luna, 
di notte?
Appena alzata,
si mette
a disegnare
migliaia
di stelle
per 
la Via Lattea.
Percorre
lande e foreste
per levare
le nebbie
dai prati.
Scaccia via  il rumore
da città e contrade.
Chiude ogni persiana e tenda,
e a Nanna tutti manda.
Semina i sogni,
rinchiude gli incubi nell'armadio.
Circonda la notte di misteri.
Mette un po' di rugiada, 
per far bello
al sorgere del sole.
Civettuola, trova il tempo
di fermarsi allo stagno.


Poi,
torna
il giorno.
Allora ...
la luna si addormenta.

(Anne Herbauts)

lunedì 13 maggio 2013

Buon Compleanno, Riccardo! ♡

Oggi 13 maggio si ricorda la prima apparizione della Madonna di Fatima, avvenuta il 13 maggio 1917. Maria apparve a tre pastorelli, Francisco, Giacinto e Lucia; essi raccontarono che, mentre badavano al loro gregge, una nube scese dal cielo e, al suo diradarsi, apparve la figura di una donna vestita di bianco con in mano un rosario, che identificarono con la Madonna. Dopo questa prima apparizione la Madonna apparve loro ogni 13 del mese fino al 13 ottobre.


Io chiedo a Te, Madonna di Fatima, di vegliare sul capolavoro più bello di tutta la mia vita, lui, mio figlio Riccardo, il mio adorato pastrugno! ♡♡♡♡♡♡♡♡♡


BUON COMPLEANNO, RICCARDO! ♡ 

E, come ti ho scritto tre giorni fa: OGGI E' UN GIORNO SPECIALE,
QUESTA DATA SEGNA IL TRASCORRERE DEL TEMPO
OGNI ANNO E' UN ANNO IN PIU'
PER CRESCERE MATURARE
PER DIVENTARE GRANDE
SI AGGIUNGONO PAGINE AL LIBRO DELLA TUA VITA
TI AUGURIAMO DI TROVARE SEMPRE LE PAROLE GIUSTE PER SCRIVERE LA TUA VITA
SAPPI USARE I COLORI DEL CUORE
MESCOLALI BENE E DOSALI CON INTELLIGENZA PER DIPINGERE I TUOI GIORNI
DI SAPERE VIVERE A PIENO OGNI GIORNO
OGNI EMOZIONE MENTRE SCRIVI IL TEMPO DI TE.
IO E PAPA' TI STAREMO SEMPRE ACCANTO COME ABBIAMO FATTO IN QUESTI PRIMI 4 ANNI DELLA TUA VITA IN CUI CI HAI SEMPRE DATO GRANDI SODDISFAZIONI PERCHE' SEI UN BAMBINO BRAVISSIMO E SIAMO ORGOGLIOSI DI TE
SII SEMPRE TE STESSO E DI' SEMPRE CIO' CHE PENSI SENZA TIMORE DI SBAGLIARE !!!
 
TI AUGURIAMO UNA VITA SEMPRE IN DISCESA 
TI AMIAMO TANTO, PASTRUGNO DEL NOSTRO
MAMMA MI E PAPA' FRA !!!

domenica 12 maggio 2013

MAMMA ♡

Un giorno il Signore gli angeli ha chiamato:
"Voglio un nome dolce, bello, armonioso
che parli al cuore e sia tanto delizioso,
per la donna che aspetta un bambino".
Gli angeli hanno pensato
e il nome hanno creato:
"Mamma!"
Piacque al Signore
e lo benedì con amore.
Così, prese dai fiori
i profumati odori,
dal mare tutti i tesori,
dall'arcobaleno i sereni colori,
dal leone il coraggio,
dal sole il più caldo raggio;
dai cerbiatti la tenera dolcezza,
dal vento la lieve carezza,
e dal suo Paradiso
il più dolce sorriso.
Poi, con tanto amore,
come eterna fiamma,
li mise nel cuore della mamma,
che dal quel giorno
ha sempre custodito
questo dono divino
per far serena, lieta e sicura
la vita della sua creatura.
Così il dolce nome è nato,
dagli angeli creato: Mamma!
(web)


Auguri a tutte le mamme del mondo !!! ♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡
 

venerdì 10 maggio 2013

- 3 GIORNI AD UNA DATA SPECIALE PER NOI CHE TI AMIAMO! ♥


CARO RICCARDO,
IL PROSSIMO 13 MAGGIO SARA' UN GIORNO SPECIALE,
QUESTA DATA SEGNA IL TRASCORRERE DEL TEMPO
OGNI ANNO E' UN ANNO IN PIU'
PER CRESCERE MATURARE
PER DIVENTARE GRANDE
SI AGGIUNGONO PAGINE AL LIBRO DELLA TUA VITA
TI AUGURIAMO DI TROVARE SEMPRE LE PAROLE GIUSTE PER SCRIVERE LA TUA VITA
SAPPI USARE I COLORI DEL CUORE
MESCOLALI BENE E DOSALI CON INTELLIGENZA PER DIPINGERE I TUOI GIORNI
DI SAPERE VIVERE A PIENO OGNI GIORNO
OGNI EMOZIONE MENTRE SCRIVI IL TEMPO DI TE.

IO E PAPA' TI STAREMO SEMPRE ACCANTO COME ABBIAMO FATTO IN QUESTI PRIMI 4 ANNI DELLA TUA VITA DANDOCI SEMPRE GRANDI SODDISFAZIONI PERCHE' SEI UN BAMBINO BRAVISSIMO E SIAMO ORGOGLIOSI DI TE
SII SEMPRE TE STESSO E DI' SEMPRE CIO' CHE PENSI SENZA TIMORE DI SBAGLIARE !!!
 
TI AUGURIAMO UNA VITA SEMPRE IN DISCESA 
TI AMIAMO TANTO, PASTRUGNO DEL NOSTRO
MAMMA MI E PAPA' FRA !!!

lunedì 6 maggio 2013

L'essenziale è invisibile agli occhi



Ho appena terminato di leggere "Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry al mio pastrugno... Che emozione nel leggergli questo libro... quanta saggezza soprattutto nell'incontro tra il Piccolo Principe e la Volpe.

In quel momento apparve la volpe. "Buon giorno", disse la volpe. "Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno. "Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..." "Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..." "Sono una volpe", disse la volpe. "Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..." "Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomestica". "Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: "Che cosa vuol dire <addomesticare>?" "Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?" "Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire <addomesticare>?" "Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?" "No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "<addomesticare>?" "È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire <creare dei legami>..." "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo". "Comincio a capire" disse il piccolo principe. "C'è un fiore... credo che mi abbia addomesticato..." "È possibile", disse la volpe. "Capita di tutto sulla Terra..." "Oh! non è sulla Terra", disse il piccolo principe. La volpe sembrò perplessa: "Su un altro pianeta?" "Si".
"Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?" "No". "Questo mi interessa. E delle galline?"
"No". "Non c'è niente di perfetto", sospirò la volpe. Ma la volpe ritornò alla sua idea: "La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..." La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: "Per favore... addomesticami", disse. "Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose". "Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" "Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe. "Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un pò lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un pò più vicino..." Il piccolo principe ritornò l'indomani. "Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti". "Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe. "Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza". Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l'ora della partenza fu vicina: "Ah!" disse la volpe, "... piangerò". "La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..." "È vero", disse la volpe. "Ma piangerai!" disse il piccolo principe. "È certo", disse la volpe. "Ma allora che ci guadagni?"

"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano". Poi soggiunse: "Và a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto". Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose. "Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo". E le rose erano a disagio. "Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa". E ritornò dalla volpe. "Addio", disse.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi". "L'essenziale è invisibile agli occhi", ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.
"È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante". "È il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurrò il piccolo principe per ricordarselo. "Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..." "Io sono responsabile della mia rosa..." ripetè il piccolo principe per ricordarselo.